E’ ormai storia conosciuta quello che successe tra marzo e maggio del 2020 quando, durante il primo lockdown per contrastare la pandemia da Covid 19, la Sanità Nazionale fu costretta a mettere in atto su tutto il territorio nazionale vari interventi per marginarne gli effetti. In questo processo vennero sicuramente coinvolte anche le Associazioni che operavano nell’ambito delle cure palliative. A distanza di alcuni mesi, la Federazione Cure Palliative ha voluto verificare con una propria analisi quale sia stato l’intervento specifico dei propri iscritti, e quanto tale intervento sia stato in grado di offrire una risposta alla Sanità, improvvisamente sconvolta da problemi clinici (una quantità improvvisa e superiore alla media di ammalati da trattare in terapia intensiva) e da problemi etici (chi trattare in una situazione di risorse limitate?).
Nel corposo documento della Federazione un dato in particolare ha attratto la nostra attenzione: quello riguardante l’attività di consulenza svolta dalle équipe di cure palliative a Ospedali e a RSA durante il lockdown. Un dato sconfortante sotto molto aspetti: solo 4/6 sui 39 enti erogatori che hanno risposto al report* risultano essere riusciti a fornire in modo continuativo un’attività di consulenza durante la prima fase della pandemia, al nord e non al sud (ove già comunque vi era già resistenza a capire la necessità di un’integrazione di tale servizio per i pazienti con tradizionali cure palliative) e solo da parte di Associazioni che erano riuscite prima dell’emergenza a organizzare un servizio strutturato. A tale riguardo bisogna tuttavia sottolineare che alcuni Ospedali e RSA non hanno accettato di continuare la preesistente attività di consulenza (anche in casi in cui tale servizio era stato definito da protocolli operativi tra Aziende Sanitarie e Associazioni) perché incapaci di capire che un potenziamento e una messa in sicurezza della Rete di Cure Palliative avrebbe portato vantaggi all’intera azione di risposta alla pandemia in termini di riduzione del senso di isolamento delle persone malate, la presa in carico di più pazienti fragili e il drenaggio del massiccio ricorso al Pronto Soccorso e al Dipartimento di Emergenza e Urgenza.
La nostra esperienza personale di Associazione, che ha continuato ad operare anche nei giorni della pandemia, ci spinge a dire che, dove la collaborazione fra medici specialisti e medici palliativisti è stata incoraggiata, i risultati sono stati importanti. E’ il caso dell’Ospedale Niguarda di Milano dove nei tre mesi cruciali dell’emergenza i 3 professionisti del progetto Hospice Diffuso (da noi finanziato in modo continuativo dal 2016) hanno incessantemente operato in Ospedale con attività cliniche, di consulenza e di formazione. A loro carico è stata la gestione dei sintomi più frequentemente presenti nella fase avanzata e terminale della malattia (dispnea, ansia, agitazione, dolore) e l’affiancamento in audit clinici dei medici di reparto sui casi complessi. Congiuntamente alla nostra psicologa hanno poi portato avanti un percorso di formazione clinica ed etica del personale sanitario operante nei vari reparti Covid organizzando numerosi briefing e incontri con focus group e supervisione.
Al dato sconfortante evidenziato dal report della Federazione Cure Palliative in merito alle consulenze, il dottor Causarano, Responsabile del team dell’Hospice Diffuso, ha potuto dimostrare in occasione del Congresso della SICP (Società Italiana Cure Palliative) tenutosi a Novembre 2020, come nell’Ospedale Niguarda, grazie al Progetto Hospice Diffuso, il numero di richieste di consulenze sia costantemente aumentato dal 2016 a tutto l’ottobre 2020, e quindi anche in piena pandemia. Un segnale di grande importanza che la cultura medica sta cambiando anche in ambito specialistico e che forse nelle prossime ondate dell’epidemia si terrà conto degli errori fatti nei mesi passati.
Ma dati e grafici non bastano per fare capire quale sia e sia stata l’importanza di una collaborazione tra medici di reparto e medici palliativisti. Per questo vorremmo terminare con il racconto del Dottor Causarano di uno dei tanti casi personali e umani occorsi in quei giorni terribili ai medici che in prima linea lottavano insieme.
“Qualche giorno dopo Giovanna, la collega che svolge l’attività di consulenza in ospedale, mentre beviamo il caffè mattutino, mi racconta della richiesta avuta da una collega delle malattie infettive circa la gestione di una sedazione in un paziente con grave insufficienza respiratoria COVID-correlata e della successiva comunicazione alla famiglia. Giovanna ha raccontato del momento emotivamente molto toccante quando la collega l’ha abbracciata in lacrime ringraziandola per la sua disponibilità.”
(da “Le cure palliative al tempo del corona”, Rivista italiana di cure palliative 2020; 22: 98-101)
Una commovente testimonianza di una collaborazione professionale e umana sempre auspicabile ma indispensabile in situazioni di emergenza.
Sostieni il nostro progetto Hospice Diffuso in modo che le cure palliative possano continuare ad essere presenti anche nei Reparti Ospedalieri.
* Tratto da Punto e Virgola n°14 “Covid-19: Impatto su Ets. Analisi dal 01/03/2020 al
31/05/2020” edito da Federazione Cure Palliative in Novembre 2020.